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Le cose che non ho detto
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Fiorella
(09/06/2023) -
Voto: 4/5
Un’autobiografia difficile, dura, potente e non per la scrittura che come sempre è eccellente ma per i temi trattati. La Nafisi ci racconta la sua storia, la sua vita fin dall’infanzia, il suo rapporto con il padre e quello difficile con la madre. Ci racconta l’amore per la sua Patria, l’Iran e che non è mai riuscita ad abbandonare veramente perché è sempre stata la sua casa, ci racconta del suo lavoro e del regime politico in una terra governata da leggi assurde in cui le donne sono derubate della loro libertà, giudicate, maltrattate, violentate, uccise. Quanta bellezza in queste pagine! Quelle cose non dette e taciute per paura e che la Nafisi non ha mai avuto il coraggio di rivelare nemmeno a se stessa, le racconta in questo libro con una stupefacente eleganza! L’unica cosa “negativa” sono le tante pagine politiche che personalmente ho trovato noiose. Come in “Leggere Lolita a Teheran” anche qui l’autrice esalta il suo amore per la letteratura che nasce dalle storie che le raccontava il padre e grazie alle quali è riuscita a crearsi un mondo alternativo in cui rifugiarsi per sfuggire alla tirannia degli uomini e del tempo. La Nafisi crede che L’IMMAGINAZIONE E I LIBRI POSSANO CAMBIARE IL MONDO. Ed ecco il potere delle sue parole: “Durante la Rivoluzione avevo capito quanto fosse fragile la nostra esistenza, e con quanta facilità tutto ciò che chiamiamo casa, che ci dà un senso di identità e appartenenza, può esserci portato via. E ho capito che quello che mio padre mi aveva insegnato con l’immaginazione era un modo per costruirmi una casa oltre i confini geografici e le nazionalità, che nessuno potrà mai portarmi via”.
Mariaelena
(08/07/2021) -
Voto: 4/5
Azar Nafisi in queste pagine mi ha fatto un regalo enorme: mi ha ricordato la bellezza della letteratura e mi ha fatto capire come in un libro si può raccontare magnificamente la propria vita e allo stesso tempo un intero Paese. In questo memoir l'autrice ripercorre le tappe fondamentali della sua vita, il suo percorso di crescita, gli avvenimenti che hanno sconvolto la sua famiglia e la sua terra dalla quale è stata costretta ad allontanarsi. E così, storia personale e Storia iraniana si intrecciano alla perfezione dando vita a una lettura per me meravigliosa. Azar Nafisi decide di mettere a nudo il suo passato focalizzandosi sulle persone che hanno contribuito a renderla la donna che è oggi: suo padre, uomo politico e poi sindaco di Teheran e sua madre, una delle prime donne iraniane a sedere in Parlamento. Al rapporto apparentemente idilliaco con l'amato padre si contrappone il legame controverso con la madre, una donna perennemente insoddisfatta, prigioniera di un passato che le è stato portato via, orgogliosa, da sempre critica nei confronti della sua "Azi" con la quale non sembra mai trovare un punto di incontro. Nafisi torna ossessivamente sulla figura materna, costruisce attorno a lei un discorso che mi ha spiazzato e in più punti commosso. Suo padre è colui che le ha donato l'amore per la letteratura e che, attraverso le figure dei grandi poeti, scrittori, filosofi e pensatori iraniani, le ha insegnato la storia e la grandezza del suo Paese, prima che il regime dittatoriale di Khomeini la offuscasse soffocando diritti e libertà individuali. E forse quelle cose non dette non sono solo quelle taciute a causa del regime, ma anche quelle che non ha mai avuto il coraggio di rivelare ai suoi genitori. Ve lo consiglio tantissimo!
Titti
(05/07/2021) -
Voto: 5/5
Un testo malinconico, di quelli che vorresti non finissero mai, sperando fino alla fine in un riscatto che non sia solo personale. Con “Le cose che non ho detto” Azar Nafisi decide di recuperare i vuoti, riportando in superficie quanto negli anni è stato taciuto e soffocato. Le molestie da bambina, i conflitti con la madre, il disamore nei confronti del padre. Per superare la vergogna, esprimere la sua rabbia, provare finalmente a liberarsi. Il passato, però, è sempre lì in agguato. Unico rifugio l’immaginazione. Unica salvezza la letteratura.
Astrea
(06/01/2021) -
Voto: 3/5
La narrazione della prima parte, l'infanzia della scrittrice, esala un senso di soffocamento: troppi parenti, perennemente affollati attorno alla famiglia, una madre dal carattere tirannico e quindi opprimente, e l'eterno miraggio del perfezionamento culturale e sociale, sempre attratto da modelli occidentali, che coinvolge quindi anche il problema dell'emancipazione femminile. Lo stile cronachistico alquanto piatto rende la lettura a tratti pesante, specie nella seconda parte, quando si racconta la rivoluzione komeinista e insieme si descrive minuziosamente l'intreccio delle relazioni familiari. La notazione più interessante è la continua tensione tra modelli occidentali e tradizione iraniana che crea un disorientamento sicuramente anche nella scrittrice. (Anche se questo aspetto non viene rappresentato come un conflitto, di fatto lo è)
Veronika
(15/05/2020) -
Voto: 5/5
Sullo sfondo della città di Teheran, l’autrice ci conduce per mano nella sua vita costellata da eventi molto dolorosi. Il libro, autobiografico, si concentra soprattutto sulla descrizione del rapporto conflittuale con la madre, una presenza ingombrante, ma allo stesso tempo fortemente amata dall’autrice. Un racconto audace, caratterizzato da uno stile fluido. Il libro è corredato da fotografie che permettono al lettore di instaurare un legame ancora più forte con la vicenda narrata.
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