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Vite che non sono la mia
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Maria
(29/03/2023) -
Voto: 5/5
Romanzo coinvolgente fin dalle prime pagine. L'autore con la sua testimonianza in prima persona ci porta al centro di una tragedia umana che filtra con la sua profonda conoscenza dell'animo umano, senza buonismi e senza atteggiamenti consolatori. Carrere domina il genere dell'autofiction che di fatto ha creato e che sta portando al suo apice. Consigliatissimo.
A.
(05/03/2023) -
Voto: 4/5
Carrére si muove lucido, preciso e veloce tra queste pagine. Ci restituisce vite complesse, che nuotano tra eventi drammatici della vita, altri più tristemente comuni altri meno. Coinvolge, e scuote. La letteratura deve far questo, accendere riflessioni, pensieri, emozioni (non per forza di pace e gioia, così come succede nella realtà), banalmente si dice "ti deve lasciare qualcosa" e anche in quest'opera lui lo fa. Un libro che ho definito tosto, un esempio di come raccontare storie. Libro perfetto per chi ha bisogno di andare oltre.
Manamana
(09/02/2023) -
Voto: 5/5
Guardare le vite degli altri e raccontarsi la propria. C'abbiamo provato tutti, per motivi e con risultati diversi. Carrere lo fa a suo modo. E ci riesce. Perchè guardare non è vedere.
Alessandra
(24/03/2022) -
Voto: 3/5
È il primo libro che leggo di Carrère e, visto il grande successo ottenuto in Francia alla sua uscita e le recensioni positive, mi aspettavo molto di più. Due storie dolorose, unite solo dal fatto che l’autore le abbia vissute come testimone, ma -come dichiara il titolo- ‘non sono la mia’ e si sente. Da malata di cancro avrei pensato di provare una fortissima empatia nel leggere - cosa che ho già vissuto come spettatrice- come si muore di questa malattia, cioè come forse morirò tra un po’ di tempo… ma questa empatia non l’ho sentita perché l’autore, troppo intriso del proprio io, si tiene su una linea di descrizione oggettiva senza nessuna partecipazione. Forse ci si deve distaccare per scrivere di certe cose senza cadere nel patetico e so che molti nel Colibrì di Sandro Veronesi hanno rimproverato all’autore proprio un eccesso di patetismo, anche se in quel caso la storia non era vera. Io però ho amato Il colibrì, mentre non ho amato questo libro. Non amo nemmeno la formula del libro che racconta la propria formazione, come ho ritrovato anche più di recente ne L’impostore di Javier Cercas. Anche questo espediente letterario lo trovo espressione di una eccessiva autostima dell’autore. Se si escludono tre-quattro pagine di riflessione teorica della malattia nella prima parte, salverei ben poco.
Gian Luca
(05/08/2021) -
Voto: 5/5
Si parla di vita, di temi dolorosi ai quali tutti (prima o poi) avremo a che fare. Qual'è la novità? Nessuna novità. Eppure, se un autore (unico) come Emmanuel Carrère si cimenta in tali argomenti, il risultato può essere anche straordinario. Non credo ci siano tanti autori che risultino essere così efficaci ed avvincenti qualsiasi cosa trattino. In queste pagine le lacrime si trattengono a stento, soprattutto alla fine. A proposito, il finale mi sembra immenso....Leggete questo libro. Saranno pagine dure, drammatiche, ma c'è sempre una luce accesa....
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